Tutti si sono sempre chiesti se il successo scolastico di un alunno dipendesse da egli stesso oppure da fattori esterni che influiscono sulla sua vita. La domanda non è nuova, anzi tanti ricercatori hanno cercato di rispondervi, contribuendo ad ampliare maggiormente le nostre conoscenze.

Uno degli studi più famosi risale al 1965, quando, Robert Rosenthal (professore di Psicologia Sociale ad Harvard) e Lenore Jacobson (maestra di scuola elementare a San Francisco) studiarono l’effetto dell’aspettativa dell’insegnante sul rendimento degli alunni. Tale effetto venne chiamato Effetto Pigmalione.

Effetto Pigmalione

Rosenthal e Jacobson informarono differenti insegnanti sui risultati ottenuti di alcuni  bambini da loro scelti, e al quale avevano  somministrato un test: Harvard test of Inflected Acquisition.  In realtà questo test non esiste e i nomi furono scelti in maniera casuale (random), sottolineando in maniera positiva le loro abilità. Venne somministrato il QI per ciascuna classe oggetto di studio e aspettarono che il tempo, ma soprattutto le aspettative dell’insegnante facessero il loro corso.

Dopo un anno i ricercatori tornarono nelle stesse classi misurando il QI agli studenti che avevano preso parte all’esperimento.  Gli alunni indicati come più promettenti avevano implementato il loro punteggio, a differenza degli altri compagni non segnalati cosi promettenti.

I dati  mostravano delle interessanti sorprese: le femmine presentavano miglioramenti nelle prove di ragionamento, mentre i maschi  erano migliorati di più in quelle verbali. Un altro dato interessante si evidenziava nei bambini appartenenti a minoranze etniche, spesso svantaggiati perché gli stessi insegnanti si attendono prestazioni peggiori. Nell’esperimento di Rosenthal, anche loro mostravano punteggi più alti.

I risultati dell’esperimento mostrarono che le aspettative degli insegnanti sono importanti nel successo scolastico dei bambini. Insegnanti con attese negative contribuiscono nell’aggiungere  difficoltà negli alunni che già l’incontrano.

Questa pionieristica ricerca mostrava come le aspettative positive dell’insegnante  contribuiscono a creare degli effetti positivi sugli alunni.

A tal proposito mi viene in mente una battuta del film: “Batman Forever” quando l’interprete Bruce Wayne dice: “Alfred, tu con me non ti arrendi mai!” “No, mai” risponde Alfred il maggiordomo. Effettivamente un professore che non si arrende con i suoi alunni poiché ha alte aspettative, invia un messaggio positivo.

Dall’effetto Pigmalione alle ricerche moderne

In un altro studio condotto al CNR di Roma, i ricercatori  si sono focalizzati sui fattori che influenzano maggiormente il successo scolastico.  Indagando le dimensioni della personalità che conducono a comportamenti favorevoli nel processo di crescita e di formazione dell’alunno.

L’ipotesi presa in considerazione  è se una determinata personalità incide nel raggiungimento del successo scolastico. Pensando di trovare delle potenzialità o abilità tali da dover spiegare il loro successo a scuola. Una ricerca, focalizzata sull’individuo e non su altri fattori esterni che possono influenzare il processo del successo.

Partendo dagli studi passati, i ricercatori si sono basati sui seguenti fattori: caratteristiche individuali (il temperamento), le relazioni familiari, quelle sociali per poi focalizzarsi sull’ autostima.

I dati ottenuti dalla ricerca sono stati altrettanto interessanti, rivelando che i vari tratti comportamentali determinano successo in tante materie, in modo particolare il livello di autostima sembra essere il fattore più importante.

Il livello di autostima dello studente rispetto alle sue abilità accademiche, influenza fortemente i voti in tutte le materie. Così come l‘autostima rispetto al proprio vissuto corporeo compromette, quando presenta valori molto bassi, il rendimento soprattutto nelle materie letterarie ed in quelle artistiche.

I rapporti familiari

Le relazioni familiari hanno una forte relazione sull’autostima dei ragazzi, non sembrano rivestirne nelle prestazioni scolastiche. Inoltre, la relazione con il padre sembra essere più importante nella fascia di età 11-18, ricadendo sempre sull’autostima dell’individuo. Il supporto del padre più che della madre ha un effetto sull’autostima, in particolare l’’incoraggiamento paterno verso l’autonomia e l’indipendenza che aiuta il figlio ad accrescere la propria autostima rispetto alle relazioni interpersonali, alla vita familiare e all‘autostima totale. Dall’altro canto l’iperprotezione materna, invece, incide negativamente sulla sfera emotiva dei ragazzi e sulle loro rapporti familiari.

L’Autostima a scuola

L’autostima sembra essere la il fattore più importante per ottenere successo scolastico, poiché agisce sulla motivazione e sullo stato emotivo generale.

I soggetti con una buona autostima si presentano ottimisti, fiduciosi nelle proprie possibilità, si pongono obiettivi ambiziosi e affrontano con equilibrio e tranquillità le esperienze negative.

All’opposto i soggetti con bassa autostima tendono ad essere pessimisti e a cadere in depressione, le loro potenzialità vengono sottoutilizzate. I soggetti che finiscono per aderire in maniera più aderente alla realtà finiscono per avere problemi di autostima che potrebbero sfociare in una forma di depressione, seppure non grave.

Durante l’adolescenza gli individui sono nella piena costruzione della propria identità quindi l’autostima riveste un valore importante se non determinante.

In questa fascia di età i ragazzi abbisognano di punti di riferimento dove poter prendere sicurezza, essi  possono essere rappresentati da fattori interni (sentirsi competente in una particolare attività o capacità interpersonale) o da fattori esterni (famiglia, insegnanti, compagni).

L’autovalutazione, risente fortemente del giudizio espresso dagli altri, tanto da essere denominata come “l’immagine di sé allo specchio”: è, pertanto, fondamentale che il genitore o l’educatore riesca a trasmettere al ragazzo un’idea positiva delle sue capacità e dimostri una profonda fiducia nelle sue potenzialità.

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